La storia
Il nome del paese sta a significare luogo elevato adatto alla difesa e ricco di mirti, "Podium Myrtetum". Fra i numerosi abitati dispersi sulle colline della Sabina meridionale, Poggio Mirteto è certamente il più importante non solo per dimensione urbana e per numero di abitanti, ma anche per il rilievo delle attività economiche e per il primato culturale che ha saputo guadagnare nel tempo. Come vuole la tradizione gli abitanti dei diversi castra costruiti tra i secoli IX e X, sotto l'incalzare di terribili eventi, abbandonarono le loro disagevoli e insicure sedi e conversero sul "Poggio dei Mirti" dando corso alla fondazione della città. Gli abitanti di Monte Luco, a nord est di Monte San Cosimo, essendo divenuto angusto il territorio da loro abitato, si spinsero verso la collina di San Valentino e poi, verso quella ancora più bassa detta dei Mirti dall'abbondanza delle odorose piante da mirto. Lo stesso avvenne per il Castrum Limisanum, coincidente con l'attuale località di Rimisciano, con il Castellum in Vulpianum o Vulpinianum, corrispondente all'attuale località di Volpignano. Montorso sembra sia stato l'ultimo e più recente (1400 circa) caso di immigrazione in massa nella città o meglio fuori dalla cerchia delle mura originali, tanto che l'accettazione degli esuli probabilmente venne condizionata alla costruzione a loro carico di una nuova cinta. Mirtetum è ricordato per la prima volta nel 988 in un documento dell'Abbazia di Farfa, ma, nei testi farfensi redatti da Gregorio di Catino la cui ultima opera, il Floriger è databile al 1130 ca., non vi è alcuna citazione riguardante Poggio Mirteto, se ne deve quindi dedurre che fino a quell'anno Poggio Mirteto non esisteva ancora quale castello o città. La prima citazione sembra essere quella offerta da alcuni documenti della chiesa romana di S. Andrea de Aquariciariis, datati 1294, in cui sembra potersi attribuire la fondazione ad un Riccardo di Pietro di Giaquinto, appartenente ad una famiglia imparentata con gli Orsini e che comunque fu signore della città oltre che di Selci, Gavignano e Collenero. Da questa fonte Poggio Mirteto appare già del tutto strutturata e munita di torri e porte. D'altra parte nel manoscritto di Cerchiachiara è riportato un atto dell'anno 1340 nel quale è nominato come testimone tale Giovanni Fisiraga "de Podio de Mirtetis". Da quanto sopra, rilevando che nel 1132 Poggio Mirteto non è ancora citata da Gregorio da Catino, che nel 1294 la città appare già fondata e strutturata e che tra il 1341 e il 1343 (secondo successive testimonianze) la città vanta numerose chiese e cappelle e illustri cittadini, sembra potersi dedurre che la città venne fondata in una data non di molto superiore al 1250, forse fra il 1260 e il 1280. Sempre al fine di poter stabilire la data della fondazione della città, va notato che la Collegiata di S. Paolo e' coeva all'abitato e fu per secoli l'unica chiesa parrocchiale di Poggio Mirteto, risulta quindi di estrema importanza la data incisa su una delle due campane fuse per il campanile di S. Paolo (attualmente collocate sulla Torre dell'Orologio entro la cerchia urbana) che riporta l'anno 1290. Considerando l'usanza secondo la quale le campane venivano generalmente fuse in loco, a campanile ultimato, e che il campanile di norma veniva innalzato dopo la conclusione della fabbrica della chiesa per la quale saranno occorsi alcuni decenni, sembra plausibile far risalire l'origine della città intorno al 1250-1260. Nello stesso periodo i "Castella" dell'area (Luco, Tribuco ed altri) persero la loro funzione difensiva, permettendo agli abitanti di costruire una sola cittadella. Successivamente, Poggio Mirteto entro' in possesso della potente famiglia Farnese, per essere poi infeudato dalla Camera apostolica agli Orsini, ai Mattei, ai Bonaccorsi e tornare, infine, sotto la giurisdizione dello stato pontificio che ne fece un capoluogo distrettuale e sede di un giudice avente gli stessi poteri del pretore nell'ordinamento giudiziario italiano. Nel 1837 ebbe da Gregorio XVI il titolo di città e nel 1841 fu proclamata sede vescovile direttamente dipendente alla santa Sede, titolo, quest'ultimo, mantenuto anche in seguito alla soppressione della diocesi attuata nel 1925 da Pio XI, il quale stabilì che il vescovo di Sabina fosse anche detto vescovo di Poggio Mirteto.